Nato da una ricerca interuniversitaria sul tema «Trasmissione e circolazione del pensiero filosofico-linguistico nell'Europa del Settecento, con particolare riguardo al caso italiano», questo volume illustra la parte che i dibattiti sul linguaggio ebbero nella modernizzazione della vita culturale in Italia.
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In un tempo storico in cui il nostro paese riallaccia, dopo un lungo periodo di stagnazione, i rapporti con l'Europa, anche gli istituti linguistici entrano in tensione: alla vecchia querelle sulla norma della lingua letteraria si intreccia e talvolta si sostituisce un'acuta percezione del rapporto del linguaggio col diritto, la medicina, la formazione delle conoscenze, e naturalmente con le tradizionali contraddizioni socio-culturali della penisola. La polemica Orsi-Bouhours, Gravina, Soave, gli studi giuridici e medici, pensatori come Denina, Leopardi, Manzoni, osservatori privilegiati come Stendhal danno così un quadro della «convergenza europea» che si determina nelle discussioni sul linguaggio e sulla lingua italiana. L'ipotesi di fondo è che gli intellettuali italiani non si limitino a importare autori, opere e suggestioni, non risolvano cioè nella ricettività a quanto di valido (ed era molto) proveniva dall'estero la propria scommessa di rinnovamento, ma a quella scommessa affidino una quota non secondaria di riflessioni originali, intese alla ricerca di una irrinunciabile identità linguistica e culturale.